Tra la popolazione occidentale quattro individui su cinque soffrono di acidosi metabolica e le principalicausesono attribuibili alla concomitanza ed al concorso di diversi fattori quali :
A queste cause spesso si associa anche una scarsa capacità dell’organismo ad eliminare le scorie acide attraverso le normali vie di depurazione come l’intestino, il fegato, i reni, i polmoni e la pelle.
Un ruolo essenziale nella generazione di scorie acide è giocato dalla flora e dalla fauna batterica intestinale che, se alterata da punto di vista qualitativo e quantitativo, può alterare la composizione chimica dei cibi che introduciamo attraverso anomali processi fermentativi.
Ecco che allora, pur nutrendoci correttamente, potranno comunque verificarsi diverse evenienze tali da generare fermentazioni anomale con conseguente formazione di metaboliti acidificanti e/o inquinanti come indolo, scatolo, fuselolo, ammoniaca, alcool etilico, metilico ecc. ecc.
La rigenerazione dell’ambiente intestinale ed il ripristino del suo equilibrio è un processo pH dipendente e ciò significa che esso è correttamente attuabile solo se le condizioni qualitative del terreno intestinale (mucose) soni tali da poterlo consentire e quindi è comprensibile come esso non pussa attuarsi introducendo semplicemente o casualmente dosi di fermenti o di diversi ceppi probiotici (fermenti lattici vivi o altre diverse specie di batteri simbionti).
Spesso infatti accade che le condizioni ecologiche della mucose intestinale (colon e tenue) sono tali da non permettere sempre una corretta colonizzazione dall’esterno (scorretta popolazione simbiotica antagonista o pH eccessivamente alcalino o inopportunamente acido, ecc. ecc.), con conseguente ed inevitabile inefficacia della terapia probiotica.
Comunque sia, una preventiva dieta alcalinizzante, una opportuna e consistente terapia idropinica ed una appropriata terapia alcalinizzante sono le premesse obbligate affinché la direzione di simbiosi possa essere correttamente ed efficacemente attuata
Come determinate lo stato di acidosi organico
Uno tra i metodi più semplici e diffusi è quello di annotare in una scheda-diario il PH urinario misurato in diverse ore della giornata, anche in rapporto con quello che si è mangiato o bevuto, utilizzando le particolari strisce che ognuno può procurarsi in farmacia
Un medico esperto di Medicina Funzionale sarà agevolmente in grado di valutare tutte le variazioni, sia fisiologiche che disfunzionali, avvenute nell’arco della giornata, potendo così stabilire la presenza o meno di uno stato acidosico ed eventualmente la sua gravità.
Sempre lo stesso medico potrà anche valutare lo stato di acidosi o meno mediante l’utilizzo delle diverse apparecchiature B.E.R. (Biorisonanza o di Organometria Funzionale) quali il VEGA CHECK, IL VEGA TEST, l’E.T. TEST oppure il Test E.A.V ( Elettro Agopuntura secondo Voll).
Tutte queste apparecchiature possono fornire, attraverso l’esame di specifici indici biofisici l’entità del PH (acidosi o alcalosi) della matrice extracellulare relativa ai diversi organi, singolarmente analizzati.
La dieta svolge una azione fondamentale nel mantenimento del giusto equilibrio acido-basico dell’organismo e dovrebbe essere organizzata in modo tale da prevedere un consumo giornaliero di alimenti alcalinizzanti pari al 70-75% dell’intera razione alimentare.
Il potere alcalinizzante o acidificante degli alimenti o Indice P.R.A.L. ( potenziale renale di alcalosi) è calcolato in base alle specifiche di Remer e Manze ed è espresso con un numero, avente un prefisso positivo o negativo, ed una unità di misura (mEq/100 gr di alimento).
Il medico nutrizionista potrà impostare, senza mai generalizzare ma adeguando sempre la dieta a seconda dei differenti casi, il regime alimentare più corretto, così da mantenere sempre inalterato il bilancio acido-basico della dieta stessa d è qui importante sottolineare che molti alimenti, pur essendo acidificanti, sono tuttavia indispensabili per il corretto svolgimento delle funzioni vitali e pertanto non dovrebbero mei essere eliminati.
Altre volte invece accade spesso che altri alimenti, pur essendo considerati alcalinizzanti, tuttavia essi si possono comportare come acidificanti, per effetto di una scorretta flora simbiotica (alterata e/o disfermentante).
Ancora una volta occorre ricordare come, in medicina funzionale, i migliori effetti terapeutici si ottengano non tanto per effetto delle eliminazioni degli alimenti ritenuti dannosi, come invece spesso si vede fare da operatori sanitari poco esperti, ma piuttosto grazie alla costante introduzione di cibi positivi e benefici all’individuo.
Ad esempio per compensare l’azione acidificate compiuta dalla ingestione di 100 gr di carne di manzo sarà sufficiente introdurre nello stesso pasto 125 gr di cavolo o rapa, oppure 800 gr di piselli o 200 gr di cavolfiore.
Quando, a causa di particolari condizioni cliniche preesistenti o concomitanti, la dieta non potrà essere ben compensata allora il medico potrà ricorrere all’utilizzo di opportune dosi di integratori alimentari alcalinizzanti, diversi per tipologia e dosi, a seconda le necessità. Individuali.
Terapia idropinica
Per mantenere corretto lo stato idratativo della matrice intra ed extra cellulare degli organi e quindi dell’organismo è necessaria oltre che una costante e corretta introduzione di acqua mediante gli alimenti, anche un corretto apporto di sodio e potassio alimentare, secondo un equo rapporto.
L’assunzione di 1,5-2 litri di acqua di tipo oligominerale al giorno, come spesso viene consigliato, assicura solo il correttoricambio idrico e non la corretta idratazione, cosa che invece avviene tramite un corretto apporto di liquidi e Sali alimentari.
Nonostante la tendenza attuale sia quella di consigliare sempre di più l’utilizzo di acque con un PH alcalino, ottenute magari mediante l’acquisto di particolari apparecchiature domiciliari, con lo scopo di favorire il processo di alcalinizzazione dei tessuti, tuttavia vale sempre la pena di ricordare quello che a tal proposito ha scritto L.C. Vincent, il padre della Bioelettronica e colui che per primo ha definito i parametri fisici ottimali per il mantenimento di un corretto stato di salute (pH, rO’ e rH ovvero fattore di ionizzazione, fattore dielettrico e fattore di elettricità)
Secondo Vincent il pH ideale dell’acqua da bere deve oscillare tra il 6,0 ed il 6,8 e quindi l’acqua ideale deve essere debolmente “acidula”. Questi stessi valori sono oltretutto gli stessi valori indicati dalla “Società Internazionale di Bioelettronica” e risultano essere determinanti per la corretta scelta delle acque da utilizzare a scopo terapeutico.
In assenza di diverse indicazioni da parte del principale organo scientifico nel campo della Bioelettronica e Medicina Funzionale, unico garante di oggettività ed imparzialità scientifica, si ritiene ancora valida e corretta la prescrizione di terapie idropiniche con acque oligominerali, o meglio minimamente mineralizzate, aventi un residuo salino fisso inferiore a 40-50 mg/litro e con un pH inferiore a 7, ovvero debolmente acidule.